Alice
Cap 1
Alice era una bella bambina. I suoi genitori erano attenti e premurosi e non le facevano mancare nulla. Insistevano molto sulla sua educazione specialmente quella scolastica.
Alice giocava, amava la natura e i mosaici di riso, e giocare a palla con le sue amiche. A volte a scuola si perdeva in un mondo di sogni e doveva rifare i compiti due volte. I suoi genitori si chiedevano il perché, e lei per tutta risposta sorrideva.
La domenica la sua tata le preparava la pizza, fatta con le sue mani. Alice non era grassa ma amava mangiare. Non era golosa di dolci ma quella pizza… si, le piaceva proprio.
Aveva un fidanzato, un vicino di casa. Con lui giocava, faceva dei vasetti con l’argilla e passava il suo tempo nel giardino di lui. Alice era felice.
Un giorno suo padre tornò a casa e la sgridò. Alice aveva fatto tardi nel rientrare a casa. L’uomo alzò la voce e le disse che era lui suo padre e che la bambina doveva obbedire. Lei ebbe paura di quell’uomo per la prima volta. Sentì una specie di tremito, un’adrenalina e ruppe la sua chitarra. Uscì di casa ed andò a guardare il tramonto, pensando a quanto sono ingiusti gli adulti. Lei era una brava bambina, faceva sempre tutti i compiti, ed aveva il diritto di giocare. Per la prima volta si sentì sola al mondo. Sua madre non aveva fiatato. Rassegnata, tornò a casa per cena .
L’episodio si concluse lì, ma in seguito Alice cominciò a cambiare. Con l’inizio della scuola elementare, aveva nuovi compagni e suo padre le aveva proibito di vedere il suo fidanzatino e l’aveva costretta ad andare in una scuola di suore. Alice era triste. Non pensava di aver fatto qualcosa di male ma quando arrivò il momento della prima confessione, alla domanda: che peccati hai fatto? Lei sorrise. Niente allora rispose il prete, sei assolta.
Quella era la sua prima bugia.
In seguito Alice si abituò alle suore. In fondo non erano così cattive. Imparava a ricamare, e la suora della portineria le aveva regalato dei fili di cotone nuovi ed un ago. In compenso però, le diceva che era troppo precisa, e che aveva paura di sbagliare. Se sbagli un punto non importa, le diceva con amore. Ma Alice era testarda e perfezionista. Non doveva, non voleva sbagliare. Prendeva appunti con precisione anche se a volte, durante la lezione di disegno, si incantava a guardare il cielo. L’insegnante la guardava e poi le diceva: ora dipingilo. E lei puntualmente prendeva fogli e colori e dipingeva il cielo blu.
Alice era felice, ma aveva paura la notte. Sognava cose strane, una volta una signora che accendeva una lampadina in bagno, e poi la spegneva lasciandola al buio. Alice aveva paura del buio, ma non delle favole. Quella che preferiva era Belzebù. Aveva fatto amicizia con la sua paura, e Belzebù le sembrava suo padre, che in realtà le voleva un gran bene. Ma lei, testarda, si ribellava: non le piaceva il suo riso scotto, di quando non c’era sua madre, e non le piaceva che lui le facesse degli scherzi, prendendola in giro. Alice era permalosa. Molto. E non sopportava i soprusi.così reagiva, si arrabbiava lasciando il padre di stucco. E si impegnava al massimo nei suoi compiti, per non deludere sua madre.
A volte capitava di andare a giocare vicino casa, in un campetto. Con la sua gonnellina e il suo cerchietto in testa andava ad arrampicarsi sugli alberi. A volte non ci riusciva e i suoi amici la aiutavano a salire. Era un gioco, ma Alice lo viveva come un corteggiamento. Si sentiva bella. Suo padre non diceva più niente, ma quando usciva la lasciava da sola a casa. “ tu non esci di qui “ le diceva. Alice stava crescendo, e alla ribellione infantile cominciò a sostituirsi la tristezza. Perché non poteva giocare ancora? Cosa c’era di così pericoloso fuori dalle mura di casa?così cominciò a scrivere . brevi poesie, una per il suo gatto Nerina, una sulla primavera, una persino per il compleanno di suo padre. Teneva un diario, in cui parlava ad un’amica immaginaria e le confidava la sua solitudine e l’ingiustizia della vita. Su quel diario Alice metteva tutta se stessa, e attaccava degli adesivi, i più belli della sua collezione. Aveva anche cominciato a fare collezione di cartoline cominciando da quelle di suo padre, di quando le ragazze gli scrivevano dall’estero, prima di sposarsi. “ Papà e questa? Chi era? Chiedeva cercando complicità . lui non rispondeva e la guardava sorridendo. Forse avevano fatto pace. Temporaneamente, s’intende.
Per la prima comunione Alice chiese una macchina fotografica: voleva fotografare l’alba, che è più bella del tramonto. Cosi una mattina al mare, si alzò prestissimo per scattare la foto del sole che sorge sull’acqua del mare. Ne fece più di una e soddisfatta si avviava verso casa, quando notò che qualcuno l’aveva seguita. Suo padre. La guardava, e non diceva niente. La sabbia era ancora fredda e forse lui si era preoccupato. Alice sorrise, come al suo solito, e prontamente si avviò verso casa per una buona colazione.
Le sue foto vinsero un premio fotografico della scuola e furono incorniciate ma lei le regalò alla suora del disegno, come prova della sua bontà. Le mise in vendita per beneficenza, e la suora ne fu felice.
Incoraggiata da quell’atto di generosità la suora la spronò : “ bisogna prima vedere, poi guardare, poi osservare, infine disegnare” le disse. La bambina la guardò. Non ci aveva mai pensato ad una cosa del genere, ma si impegnò più a fondo nei suoi acquerelli e le sue tempere. Erano quadretti a fantasia, con disegni astratti non più paesaggi e la suora sembrava soddisfatta. Le chiese di commentare un quadro e lei scelse “Guernica” di Picasso. Quel quadro l’aveva colpita per la sua violenza, per le sue luci forti e le figure agonizzanti . non aveva avuto paura ma provava un moto di ribellione, qualcosa dentro. Quel qualcosa la accompagnava sempre.
L’unica volta che aveva provato qualcosa di simile era per il suo amico. Alice si era innamorata e soffriva terribilmente. Soffriva la mancanza e il non poter esprimere il suo amore a quel bambino che aveva capito ma era troppo ribelle per starle dietro. Così provò ad avvicinarlo, ad andare a casa sua. E lì c’erano dei disegni, molto più belli dei suoi , complicati. In bianco e nero, con chiese viste per metà e l’interno che si poteva vedere. Lei li fissò incredula: si poteva fare questo!la sorella del sua amico non capiva se lei era innamorata o no e la allontanò.
Alice soffrì molto e lui divenne dolce con lei. La consolava quando piangeva, e quando non riusciva a fare i compiti di matematica. Ma non scherzava mai con lei , manteneva un tono serio tutte le volte che parlavano. Lei non gli confessò mai il suo amore tenuto gelosamente segreto e continuò ad andare a guardare quei disegni. Da grande, si diceva, voglio farlo anche io.
Si fece regalare dei colori e cominciò a fare dei timidi acquarelli del golfo , al mare, delle spighe, dei fiori. A volte disegnava sul diario, mai abbandonato, accanto alla serie di compiti che doveva fare. Ora uno snoopy, ora un pattino colorato con le stelle, ora un holly dolly.
Aveva cominciato a mettere da parte i suoi disegni, e non li faceva vedere. A volte disegnava cose inquietanti, un prato con una staccionata nera che sembrava una prigione, o case senza finestre. Ma era una cosa passeggera.
La madre la portò dallo psicologo per la sua paura del buio. Lui disse che la bambina aveva un pessimo rapporto con il padre ed un ritardo psicologico conseguente. Avrà sempre problemi con gli uomini, disse, me la porti più avanti.
La mamma di Alice era preoccupata. Non capiva i suoi silenzi e la sua muta ostinazione che a volte Alice aveva. Ma non si sognò mai di leggere il suo diario, per proteggere la sua privacy. Il papà di Alice viaggiava molto, e le portava dei regali da ogni parte del mondo per compensarla della sua assenza. Alice si abituò a stare sola. Parlava poco con i compagni, e sua madre le diceva di andare a giocare un po’ più spesso. Invece lei cominciò a pregare, di notte.
A volte i pensieri si facevano confusi,e lei pregava Gesù di metterci ordine. Sua madre la rimproverava per il disordine nei cassetti e lei chiedeva a Gesù di mettere ordine. Ma si rendeva conto che ciò non era possibile allora diceva: Gesù noi siamo imperfetti, tu sei perfetto, aiutaci tu.
La suora del disegno si accorse di questa sua abitudine alla preghiera e la portò ad esempio: nella recita scolastica le fece fare la parte di Maria, che non parlava, ma aveva un’aria seria. Alice era contenta, ma le piaque di più il balletto finale anche perché suo padre era venuta a vederla. Era la prima volta che suo padre guardava una sua recita scolastica.
Alice la buona, alice la timida. Alice l’umile. Se qualcuno le faceva una cattiveria ora stava zitta, non reagiva più. Era cresciuta? Nel frattempo il suo amico era ribelle ma saggio con lei. Uno strano connubio.
E lei si astraeva sempre più, tenendo segreto il suo amore, e scrivendo temi sulla sua famiglia che nel frattempo si stava sfasciando. Sentiva odore di guerra in casa, quell’odore e quella sensazione che aveva già provato altre volte, ma questa volta era continua, costante. Scrisse un tema sul litigio, e la suora lo appese in classe. Due anni dopo i genitori di Alice si separarono e la sua vita non sarebbe stata più la stessa.
Cap. 2
Alice non tornò più dallo psicologo. Smise semplicemente di piangere, giurando a se stessa che non l’avrebbe mai più fatto. Ormai era grande, e quelle erano cose da bambini. Si disse. E così fu. Anche sua madre non piangeva, forse in silenzio da sola, ma davanti a lei mai. Quello che fu strano è che continuò a mandarla dalle suore a scuola. La mamma di Alice pensava che sua figlia fosse troppo fragile per affrontare il mondo esterno e aveva paura della droga. Così, dopo vari lamenti , Alice accettò di iscriversi ad un liceo Linguistico. Voleva fare l’Artistico o lo scientifico, per calcare le orme di suo padre, ma non ebbe il coraggio di dirlo e sua madre fu irremovibile. Così, ormai adolescente, Alice mise da parte i suoi disegni. E i suoi sogni.
Oramai portava una divisa scolastica, e quello che contava era l’educazione, ma in casa c’era una forma di tristezza; di suo padre non c’era traccia, era partito di nuovo, lasciandola sola. L’ingenuità ebbe il sopravvento. La speranza che il padre potesse tornare fece spazio ad una disillusione più profonda. Anche rispetto ai ragazzi che sembravano prenderla in giro. Alice era bella , dolce ed ingenua: una facile preda. Sua madre non la controllava tanto quanto il padre, e fu così che lei cominciò ad uscire la sera. Si sentiva libera, e sua madre le aveva regalato un abito da sera. Aveva tremato mettendoselo, aveva il pizzo sulla schiena e lei, che su quella schiena sentiva già i suoi pesi, si sentiva nuda.
La prima volta che diede una festa era imbarazzata. Aveva un vestito nero, con la rouche, e non conosceva quasi nessuno dei suoi invitati. Il ragazzo che le piaceva le disse “ beh ma rilassati sembra che è la prima volta che dai una festa!” ed in effetti era così. Aveva nostalgia della sua vita precedente ma oramai si sentiva grande e ascoltava “ uomini “ di Ornella vanoni. Le cassette di sua madre. Le piaceva la canzone di Valentina ………….. ohhhh Valentina, ma che differenza fa….. e il suo pudore infantile andava perdendosi lasciando spazio ad una maggiore libertà di pensiero.
Era un susseguirsi di inviti. Ragazzi che la chiamavano in continuazione ai quali dava appuntamento per uscire fino a quando non ebbe un gruppo fisso di amici. Ma Alice non si concedeva facilmente, anche una sua parola era troppo. Aspettava il momento giusto, ma nel frattempo usciva con tutti, aspettava di innamorarsi, come quell’amore segreto, come quel brivido nelle ossa che sentiva.
Alice non aveva amiche. Quelle vere, a cui raccontare tutto. Di suo padre, del suo amico, del disegno. E di quella strana inquietudine che le prendeva ogni volta che squillava il telefono. Lei era gentile, ma timida. A volte proposte, a volte commenti pesanti. Si fece la nomea di essere una facile perché parlava a tutti e a nessuno. Studiava , si, ma non aveva dei bellissimi voti. Studiava il minimo indispensabile per la sufficienza. E sentiva un gran vuoto ma non voleva piangere. A volte uomini grandi le facevano delle proposte. Era sola e doveva difendersi. Così cominciò a trattare male gli uomini, ad usarli. Per essere accompagnata, per essere corteggiata, a volte solo ascoltata. A volte un bacio, a volte una carezza, ma niente di più. Non se lo meritavano, l’amore. Cominciò a pensare ai suoi genitori e che il matrimonio non faceva per lei, la libertà si. Usava la sua bellezza per sedurre e abbandonare, lasciandoli soli, come aveva fatto suo padre con lei. Non aveva idea di cosa fosse l’amore o almeno non ancora.
Non si ricordava più dei suoi disegni fino a quando un giorno mentre studiava vide tutto nero: black out totale.
La sua mente era andata in tilt.
Sua madre si preoccupò. Alice si mise a piangere, dicendo che non capiva più quello che leggeva. Sua madre attribuì questo fenomeno ad uno shock, la sera prima era uscita, forse era successo qualcosa. Forse una violenza, uno spavento. Alice pianse per la prima volta dopo anni: tutto il suo dolore veniva fuori, e gridava così forte da far tremare i muri. Non era successo niente, stai tranquilla, le diceva sua madre, non è niente. Ma lei aveva perso il controllo di quella vita ormai stereotipata triste ed infeconda. Era infelice e tutti dovevano saperlo. Lentamente, la sua arroganza lasciò spazio ad una timidezza dimenticata, una insicurezza mai provata. Aveva bisogno di aiuto , ora, non era più quella ragazza forte e cinica di poco tempo prima.
Alice non riusciva più a pensare. Piangeva e basta. Neanche quel suo Gesù di quando era bambina l’aiutava. alle telefonate dei suoi amici rispondeva che voleva bene a tutti ma che non aveva voglia di uscire.
Fu allora che si ricordò di quei disegni. Cominciò a pensare che poteva essere una buona idea riprovarci. Allora cominciò con delle ragnatele, poi delle prospettive centrali, con un punto all’infinito. Ecco, si diceva, due linee parallele ed un punto all’infinito ecco come mi sento ora. La sua pelle diventava sempre più bianca e il suo viso pallido. Si era chiusa in un’ostinata solitudine, come faceva da bambina quando qualcosa non andava, ma aveva bisogno di aiuto accidenti se ne aveva bisogno.
Una sera un’amica la invitò ad uscire e lei inaspettatamente accettò l’invito. Fu li che conobbe un ragazzo, che la colpì: aveva gli occhi verdi ed un sorriso stampato sulla faccia. Sembrava felice. Fu così che cominciarono a parlare. “ cosa fai’” gli chiese lui “ dei disegni” rispose lei. “e tu?” mah niente d’importante….. studio Filosofia.
L’idea della filosofia la lasciò un po’ interdetta, non capiva bene a cosa potesse servire, ma poi lui le disse “ la Filosofia rende felici. Rifletti su questo”.
Alice cominciò a riflettere. La filosofia, il pensiero, come può rendere felice una persona? Non è forse la conoscenza quello che rende dotti , eruditi e quindi felici? Si rispose di no, che non era quello. Ma allora, su che cosa doveva riflettere? Una serie di domande si affollarono nella sua mente. Quel ragazzo le piaceva ma era un po’ misterioso. E non la chiamava in continuazione come tutti gli altri. Alice decise di ricominciare a studiare, ma il suo apprendimento era molto lento. Riusciva meglio nel disegno, così si iscrisse ad una scuola di pittura. Ogni tanto pensava a quel ragazzo. Dipingere la faceva sentire felice, cosa c’era che non andava nel suo pensiero? Forse era troppo schematica, troppo stereotipata o troppo insicura. Ma di sicuro non era stupida. Allora che cosa voleva dire lui? Come si raggiunge la felicità? Pensò a suo padre e le scese una lacrima. Per la prima volta, sentiva la sua mancanza. Forse la felicità è nell’incoscienza, nell’inconsapevolezza, nel candore. Se non è nell’amore, nel matrimonio e nei figli dov’è questa felicità’?
Restava ben poca cosa secondo i dettami della sua educazione. Per la prima volta Alice si rese conto di quanto il suo pensiero fosse limitato a regole imposte da altri. Per la prima volta accorse di non avere più amici veri. Si ricordò di quello che una volta le disse la sua insegnante di Filosofia. “ non importa quello che sapete, l’importante è quello che ricordate e che ne facciate un vostro stile di vita,una vostra filosofia”
Che cos’era uno stile di vita? La pittura poteva esserlo? E l’amore?anche quello era filosofia?
Per la prima volta pensò a sua madre in un modo diverso; sempre così dolce e remissiva,l’aveva lasciata fare, fino al crollo. E poi quel ragazzo.
Alice rifletteva. Sulla sua vita, sui suoi incontri, sul suo amore negato. Ma non riusciva a trovare una soluzione e apparentemente non c’era. Forse era questa la soluzione, non c’è risposta alle miserie umane. Così cominciò a tranquillizzarsi un po’, e a sorridere un po’ di più.i suoi disegni oramai erano diventati quadri, e ogni volta che ne ultimava uno era felice. La tela bianca, quel vuoto che provava allora erano spariti come in un sogno perché lei riusciva a riempire gli spazi con forme e colori, e ogni volta era una gioia. Ma lei si interrogava sulle parole di quel ragazzo; come poteva il pensiero rendere felice? Esaminò i suoi pensieri ancora una volta e pensò che a volte erano negativi e poco saggi. Avrebbe dovuto studiarla, la filosofia, per comprendere? Lei si sentiva felice nel suo mondo di immagini e non si sentiva particolarmente portata per la speculazione mentale. Così decise di affrontare l’argomento poco per volta e scoprì che la maggior parte dei filosofi medievali avevano teorie abbastanza assurde e contrastanti sul mondo , su Dio e la sua origine, ma che il dialogo era più importante dei libri scritti secondo Socrate. Analizzò quest’aspetto: come potevano i libri mentire e le persone no? a lei sembrava il contrario. Amava leggere , Alice, ma i libri l’avevano tradita e ora ci aveva rinunciato. E cosa c’entrava tutto questo con la felicità? Come poteva un uomo restare chiuso in una caverna per poi scoprire che la sua realtà era tutta un’illusione? Aspettava anche lei la sua illuminazione e continuava a leggere. Scoprì anche che s. Agostino aveva una famiglia e sapeva amare Dio sopra ogni altra cosa con mille tormenti . Scoprì Aristotele e S. Tommaso , scoprì un mondo di cui non era a conoscenza ma che ancora le sfuggiva. Non capiva cosa c’entrasse la politica , nella filosofia, e la scissione tra spirito e materia. Non capiva tante cose. Doveva scegliere.
Il corso di pittura era finito e Alice stava per fare la sua prima mostra. Decise di invitare quel ragazzo all’inaugurazione, e lo chiamò. “ciao”. “ ciao come stai?ti ricordi di me? Sono Alice. Ci siamo conosciuti qualche mese fa a quel concerto, ricordi?”” ah si … ricordo…. Mi sembra che sei castana giusto?”Alice si sentì in imbarazzo. Non si ricordava affatto di lei e voleva sprofondare per averlo chiamato. “ no veramente bionda…. Ma non importa era soltanto un saluto” ”aspetta aspetta ora mi ricordo… quella ragazza che faceva dei disegni…. Hai continuato poi? “ “ eh si . volevo invitarti alla mia mostra Venerdì. Se vuoi ti mando l’indirizzo della scuola… è a via di S. Giacomo, Scuola di Arti Ornamentali…”clic. Alice riattaccò senza aspettare la risposta. Veramente sono altre le domande che avrebbe voluto fargli… e tu, sei felice? Quanto? E perché? eccetera.
Inviò un sms con l’indirizzo, il giorno e l’ora senza aspettare la risposta. Aveva scelto di scappare, ma non del tutto. Un po’. Un po’ tanto, ma era in imbarazzo. Molto. Decise che la sua era la scelta migliore e aspettò il giorno della mostra. Era la conclusione dell’anno e ci sarebbe stata anche sua madre.
Voleva rivederlo, fargli domande, chiedere consiglio. Forse voleva soltanto sapere qualcosa di più su di lui. I suoi quadri riscuotevano successo e Alice è felice ma aspetta. E verso sera , rivede quell’espressione su quel ragazzo alto. “ ciao. Ma perché hai riattaccato? Belli i tuoi quadri. “ “ grazie”sai volevo chiederti… quella cosa sulla Filosofia… è vero che rende felici?” “ahahahah soltanto questo?” “ si …soltanto questo”. “ bah in realtà penso di si ma è perché a me piace studiarla, conoscere…. Sai mio padre è morto l’anno scorso ed io ho cominciato quest’anno l’università… penso che non ci sia cosa peggiore che lasciarsi andare in certi casi.”
Silenzio. “già… mi dispiace… il mio invece è andato via di casa cinque anni fa…. Non è la stessa cosa suppongo. A me è sempre piaciuto disegnare e allora….”
Di nuovo quel sorriso disarmante. “ beh certo, capisco… ci vediamo.”” Che succede tesoro?” “niente mamma è che ad un tratto… mi sento un po’ stupida”. tutto qua.
Cap.3
La scuola è finita e Alice ha ottenuto i suoi successi. Sua madre non è più tanto preoccupata , ma a volte la vede nervosa, inquieta. Non serena. Non riesce a farsi dire il motivo e la maggior parte delle volte la lascia stare. Come poteva essere stata così stupida da non capire? Non poteva saperlo ma … a volte un dolore fa reagire… in fondo come aveva fatto anche lei… ma quel sorriso… dipendeva da qualcos’altro, non dalla filosofia. Alice si era innamorata. Forse. O forse semplicemente era una ragazza viziata che ha tutto dalla vita , si diceva sua madre. Una ragazza ribelle, che non sa prendere una sua strada e che non ha voglia di studiare.
Così le consiglia di trovarsi un lavoro. Alice li per li si ribella, scalpita ma poi accetta. In fondo non sa neanche lei cosa vuole e non può dipingere in eterno, ora che papà se n’è andato ha bisogno di un lavoro. Lei sa le lingue e sono richieste per fare la segretaria.
Alice chiude la sua cartellina e comincia a fare colloqui. È difficile trovare un lavoro retribuito ma lei ci prova. Vuole dimostrare a sua madre di avere carattere. E ci riesce, alla fine trova una società di consulenza finanziaria che ha bisogno di assistenza clienti.
Mette il suo abito più elegante e va al lavoro. In realtà non deve fare niente di speciale, rispondere al telefono con voce suadente e controllare l’andamento delle quote dei fondi di investimento sul giornale per aggiornare le schede clienti. Tutto qua. Pare facile.
I primi giorni sono un disastro. Non capisce l’andamento del mercato, è timida e non sa usare il computer. Poi piano piano impara, aggiorna le sue schede e riferisce al cliente. Deve tranquillizzarlo se il fondo è in perdita, incentivarlo se va tutto bene. Ma Alice è sempre più nervosa, perché anche se è gentile e cortese al telefono, i clienti si lamentano sempre. Ricomincia ad uscire, con un ragazzo più grande. Lui è un avvocato, è brillante nel suo lavoro e ci sa fare. Il marito ideale. Per una donna in carriera. Lui le fa dei regali, le parla di matrimonio. Alice è lusingata, rapita, ma non è innamorata di lui. O perlomeno non crede di esserlo. Continua a pensare alla sua adolescenza, a quando portava gli uomini come un trofeo, paga della sua bellezza. Ora è un po’ più grande e pensa di aver trovato le risposte che cercava. Ne ha trovate delle altre, più pratiche, più reali. Almeno così crede lei. La storia va avanti per un po’ e il lavoro procede.
Alice è diventata adulta. Ma non è felice e il suo ragazzo lo sa, lo capisce. Infine la lascia, dicendole che non si sente amato. Alice ha mentito a se’ stessa e ora ne paga le conseguenze. Sua madre le chiede se è felice. Un pianto a dirotto le solca il viso. È tutto sbagliato, lei ha sbagliato, ma era in buona fede almeno così credeva. Sua madre l’abbraccia, per l’ennesima volta e le dice” non ti preoccupare amore, fai quello che ti piace. sei libera di scegliere la tua vita, segui il tuo istinto”. E il suo istinto le dice che ha sbagliato uomo. Ma questo non può confessarlo a sua madre. Così le sorride tra le lacrime e si sente sempre più nuda ora, peggio che con quel vestito. Che cos’è l’amore allora? Continua a chiedersi lei. Tra le lacrime sussurra che vuole ricominciare a vivere, che vuole trovare il suo modo di farlo, libera da ogni costrizione. Che vuole essere felice, come quel ragazzo la cui forza d’animo l’aveva così colpita e capisce che non era soltanto la filosofia ma la fede e l’amore a sostenerlo. Si chiede se anche lei ha queste qualità. Da bambina pregava è vero, ma non lo fa da molto tempo, e per troppo tempo ha smesso di riflettere. Lei ha soltanto creduto ad una favola, una promessa, ma non si è chiesta se era felice. E quel ragazzo misterioso, lo è veramente? si sente ancora una volta stupida, a farsi certe domande. Ma forse la filosofia serve a questo, a farsi delle domande. Troppo complicato, decide, e lascia perdere. Alice si addormenta, sognando di poterlo rivedere, di parlarci, anche adesso, anche dopo, anche per una sola volta.
mp